Wicca

[da The Triumph of the Moon, di Ronald Hutton – trad. R. Di Vaio]

Nella Wicca, oltre ai principi comuni che identificano il neopaganesimo, esistono cinque ulteriori caratteristiche. Esse specificano la stregoneria pagana moderna, basate sulla mia personale osservazione, che di solito non sono identificate dai praticanti, ma che a me sembrano essere importanti. Prima, essa aspira a far emergere e accrescere la divinità negli esseri umani. Seconda, abolisce la tradizionale distinzione occidentale tra religione e magia. Terza, è una religione misterica, o un insieme di religioni misteriche. Quarta, la sua essenza risiede nella rappresentazione creativa del rituale. Quinta, è eclettica e versatile.

Ora saranno esaminate in dettaglio, come enunciate.

La prima caratteristica è fondata sulla nozione che le streghe pagane moderne aspirano sia a onorare che a lavorare con le forze sovrumane, e a riconoscere e sviluppare il potenziale divino o semi-divino interiore. Questa nozione colpisce al cuore il dibattito sulla definizione di religione condotto in Occidente fin dai tempi antichi. Il primo capitolo di questo libro si apriva con l’affermazione che nessuna soluzione è mai stata trovata in merito, e adottava come formula operativa la definizione di Tylor: la fede nell’esistenza di esseri spirituali, e il bisogno degli esseri umani di entrare in relazione con loro. Si potrebbe aggiungere qui che sul significato vero e proprio della parola non c’è mai stato un accordo generale. I Romani lo elaborarono, ma tra questi Cicerone lo riconduceva a una radice che significa “osservanza”, e suggeriva che la sua essenza fosse leggere i segni dati dal divino; mentre Servio era del parere che la radice stesse in un termine differente, che significa “legare”, e che la sua essenza indicasse perciò una relazione, una comunione tra l’umano e il sovrumano. Nella pratica, naturalmente, queste definizioni sono perfettamente compatibili, e molti autori occidentali hanno usato la parola per indicare una combinazione di entrambe[1]. Le streghe pagane, comunque, tendono a porre un’enfasi molto maggiore sulla definizione di Servio, perché generalmente non credono che le divinità abbiano stabilito piani o comandamenti per gli uomini, e quindi non sentono molto il bisogno di leggere le loro indicazioni. Al contrario, la nozione di comunione tra l’umano e il sovrumano è centrale per la stregoneria pagana, con l’aggiunta della dimensione fondamentale che il sovrumano è anche, almeno implicitamente, presente negli essere umani, come parte dell’esistenza immanente e integrale del sacro nel mondo naturale. Perciò l’azione centrale della stregoneria pagana è l’invocazione, per mezzo della quale una forma divina è invitata a entrare nel corpo vivente di una strega, e così rendere manifesta, o potenziare, la natura divina dell’essere umano interessato. È il compimento, impressionante ed intenso, di quell’elemento religioso molto comune che è il desiderio di integrazione con il divino, con il resto del cosmo, e con se stessi.

Questo desiderio, e la sua realizzazione, distinguono la stregoneria pagana da un semplice processo di terapia, di auto-sviluppo o potenziamento umano. Esso fa riferimento esplicito a una fonte di potere sovrannaturale e, almeno in parte, esterna; sono interessate le divinità. D’altro canto, una fede letterale nell’esistenza di queste divinità non è necessaria per i praticanti. Tra le streghe pagane ho trovato persone che credono che la dea e il dio siano archetipi del mondo naturale o dell’esperienza umana, altre che li considerano proiezioni di bisogni e emozioni umane che hanno preso vita propria, altre li vedono semplicemente come simboli efficaci, e altre ancora li credono esseri indipendenti con cui si può entrare in relazione. Tra queste ultime alcune si considerano “chiamate” dalle divinità, e di conseguenza guidate da loro. Ancor più notevole e significativo è il fatto che ho incontrato tutti questi punti di vista all’interno di una singola congrega, coesistenti in perfetta armonia, perché di solito i membri non sentivano mai il bisogno di esporli o discuterli. Un insieme di sistemi di credenze radicalmente diversi sussisteva armoniosamente, perché le persone che li sostenevano cooperavano con grande successo, lavorando con un corredo comune di immagini e atti. Tanya Luhrmann ha ragione nell’affermare che il paganesimo moderno, compresa la stregoneria, può essere la religione perfetta per un razionalista romantico[2], ma vale la pena sottolineare che molte streghe sono vere e proprie teiste, di tipo pienamente tradizionale, e che molte altre ancora hanno punti di vista compresi tra queste due posizioni estreme.

L’essenza dell’esperienza religiosa nella stregoneria pagana moderna sta nel risveglio e la valorizzazione dei poteri interiori del partecipante, attraverso il contatto con forme divine che possono o meno essere considerate oggettivamente reali, ma sono trattate come se lo fossero. Finché l’effetto stimolante è prodotto, la realtà delle forme dea e dio invocate è più o meno irrilevante. Un tema comune a questa stregoneria, che si trova in libri di modelli come Starhawk e Vivianne Crowley, e in testi liturgici fondamentali come l’Incarico, è quello che il primo passo fondamentale per ottenere una vita migliore, e forse un mondo migliore, è conoscere ed esprimere pienamente se stessi. Questo significa al minimo una crescita nell’azione positiva e produttiva e, per i praticanti più ambiziosi, lo sviluppo di effettive capacità “occulte” come la chiaroveggenza, la profezia, la psicocinesi, e la guarigione magica. Collegato a questo processo è il credere che sia possibile e desiderabile ottenere una comprensione migliore di come funziona il mondo nel suo insieme, attraverso il discernimento dei suoi modelli operativi e simbolici interni. Una caratteristica importante relativa a tali prospettive è che la stregoneria pagana non può avere alcuna assemblea di fedeli o pubblico; tutti i presenti al lavoro devono essere partecipanti attivi.

Tale modello è rinforzato dalla concentrazione della stregoneria sul mondo e la vita presente. Questa è una conseguenza della mancanza di un concetto di salvezza, e di ricompensa o punizione eterna, e dell’enfasi sull’auto-realizzazione. La dottrina della vita dopo la morte espressa dalla maggior parte delle streghe pagane con cui ho parlato, e incorporata nella liturgia wicca, è quella esposta da Gardner – la reincarnazione, dopo un periodo di riposo e godimento in un Altro Mondo, variamente noto come “Terra d’Estate”, o “Estasi della Dea”. Questa dottrina fu presa da Gardner, in ogni dettaglio tranne che per il secondo nome del luogo di riposo tra le vite, direttamente da un particolare ramo dello spiritismo, che era di per sé già ben sviluppato tra gli anni ‘70 e ‘80 dell’Ottocento[3]. Alcune delle streghe con cui ho parlato includevano in essa un dettaglio che (come è stato illustrato) era prezioso per Gardner stesso, i devoti wiccan potrebbero vivere di nuovo insieme a coloro che hanno amato di più nell’incarnazione attuale. Alcune avevano assorbito la dottrina orientale del karma, e credevano che la forma delle vite future sarebbe stata in qualche misura determinata dalle buone o cattive azioni compiute in quella presente. La maggior parte, comunque, accettava la prospettiva della reincarnazione come un futuro semplice, sicuro e piacevole, senza darci ulteriore pensiero. Alcune avevano ricordi vividi di quelle che ritenevano le loro vite precedenti, e le consideravano significative per la loro identità attuale, ma nessuna sembrava dare lo stesso grado d’importanza alle vite a venire. I rituali di Hallowe’en (in irlandese Samhain), la festività stagionale comunemente associata alla morte e ai defunti, solitamente servivano solo a confondere la questione. Una componente molto comune di questi rituali era l’aspettativa che gli spiriti dei cari defunti – inclusi i defunti da molto tempo – ritornassero per unirsi ai celebranti in vita. Se questi spiriti erano in una nuova incarnazione, il processo sarebbe stato difficile da compiersi. Un modo per riconciliare i due concetti è perfettamente possibile, naturalmente, e secondo vari schemi di pensiero, ma non solo non ce n’è uno standard generale, ma anche nella stessa congrega la soluzione del problema apparente è lasciata ai singoli membri secondo la loro scelta; e molti sembrano non prestarci attenzione affatto. Non può essere assolutamente una coincidenza che tra tutti i riti di passaggio usati dalle streghe moderne, i funerali siano quelli che si incontrano di meno, i meno discussi, o standardizzati.

La posizione istintiva di molte streghe pagane, perciò, sembra essere quella che se uno fa profitto della vita presente, in tutti i suoi aspetti, allora la successiva trarrà più o meno beneficio da questo processo, e quindi è bene concentrarsi sul presente. Se questo è il caso, allora ha certamente una forza empirica, e se è più semplice di un (diciamo) ciclo di costante tediosa reincarnazione, da cui i saggi e i benedetti si liberano, o di un unico processo di giudizio, salvezza o dannazione, non necessariamente è più ingenuo. Questa posizione è connessa all’atteggiamento verso la sofferenza. Il sociologo Bryan Wilson ha dichiarato che “tutte le religioni forniscono un vocabolario delle sofferenze, siano queste di tipo personale, comunitario, sociale, o perfino universale, e forniscono non di meno un repertorio di metodi per alleviarle.” L’antropologo Clifford Geertz ha suggerito che come “problema religioso, il problema della sofferenza è, paradossalmente, non come evitare di soffrire ma come soffrire”.[4]

Entrambi i commenti sono rilevanti per la stregoneria pagana, ma all’interno di un idioma differente. Le streghe pagane non considerano il dolore e la sofferenza come esperienze inflitte dalle divinità, o aspetti di un mondo materiale intrinsecamente imperfetto e pieno di afflizione. Al contrario, tendono a enfatizzare la bellezza, la sacralità, il potenziale di piacere del mondo apparente, e non tracciano nessuna netta distinzione in esso tra materia e spirito. Ciò non significa che la loro religione non riconosca la sofferenza, simboleggiata vividamente dalla presenza della frusta tra gli strumenti di lavoro, e messa in risalto da una domanda cruciale all’iniziazione, se il postulante sia disposto a sopportare il dolore per imparare. Piuttosto, la considerano come una serie di esperienze da cui gli esseri umani possono imparare, e nell’imparare equipaggiarsi meglio per affrontarla e superarla in futuro. Dolori e travagli sono per le streghe una parte del processo di addestramento per diventare esseri più saggi ed efficienti, individualmente e collettivamente; non fenomeni da sopportare passivamente, ma da trattare come materia di apprendimento, e – se possibile – da affrontare e sconfiggere.

In questo atteggiamento, così come nell’atteggiamento verso la morte, la stregoneria pagana riflette il concetto principale degli esseri umani come miniature delle divinità, o parti del divino, che possono valorizzare o ulteriormente scoprire il loro sé divino con i loro stessi sforzi, assistiti in rapporto di collaborazione da divinità più grandi, o parti del divino, rappresentate dalle divinità pagane.

La mia seconda osservazione personale è stata che la stregoneria abolisce la tradizionale distinzione tra religione e magia della cultura occidentale. Ciò è stato precedentemente definito come il riconoscimento che sia la religione che la magia sono mezzi con cui gli uomini trattano con gli esseri sovrannaturali, ma nella prima le forze con cui trattano sono al di fuori del loro controllo, nella seconda essi cercano di costringerle e controllarle. Le streghe pagane onorano le divinità e gli spiriti con cui lavorano e si aspettano anche che queste entità  le assistano con dei compiti una volta invitate, indotte, o convocate nello spazio consacrato. Hanno poco il senso del dover continuamente propiziare e soddisfare gli esseri divini. Una conseguenza di quest’atteggiamento è che le divinità pagane, gli arcangeli e i demoni ebraici, e gli spiriti elementali, sono comunemente chiamati dalle streghe nel cerchio nello stesso rituale, sebbene solo una (o la) dea e un (o il) dio siano effettivamente invocati negli esseri umani. La natura eclettica delle entità coinvolte riflette il fatto che le radici di questa stregoneria affondano sia nella religione pagana che nella magia cerimoniale. Un’altra caratteristica è la totale assenza del concetto di sacrificio, dato che si suppone che il rituale sia pienamente soddisfacente per gli esseri sovrannaturali coinvolti. La deliberata unione di tradizioni religiose e magiche è indicata, in maniera molto ovvia, nel titolo comunemente dato agli iniziati di “sacerdote (o sacerdotessa) e strega”. Ciò avvalora l’ipotesi che le streghe pagane non siano ancelle passive del divino, ma prendano l’iniziativa nel lavorare con esso. Sacerdotesse e sacerdoti possono avere un ruolo passivo, ma una strega non deve. Il concetto tradizionale di mago come persona che domina e dirige le forze spirituali è stato ampiamente sostituito tra le streghe moderne da un concetto differente, che pure ha precedenti antichi – e cioè che la maggiore armonia con il cosmo e la più grande comprensione di esso,  ottenute con l’addestramento da strega, e i relativi cambiamenti interiori, permettono la soluzione di problemi precedentemente inestricabili e il conseguimento di mete prima irraggiungibili.

Fin dai tempi antichi la cultura intellettuale ha avuto rispetto per la religione e trattato la magia con sospetto molto maggiore, e il solo effetto del relativo spostamento verso il razionalismo e il secolarismo è stato di aggravare il sospetto con la derisione. Gli effetti di questa tradizione sono visibili anche in lavori accademici abbastanza recenti e di profondo rispetto, come quello sulle pratiche religiose nell’America odierna pubblicato da Rodney Stark e William Bainbridge nel 1985:

Molte sette attuali, come i vari gruppi di streghe e pagani, hanno reagito alla secolarizzazione con un tuffo a capofitto indietro nella magia. Rifiutano tutta la cultura scientifica tanto quanto le tradizioni religiose giudaico-cristiane… Secondo il nostro giudizio, queste sette sono reazionarie e hanno breve futuro. Sono totalmente vulnerabili alle stesse forze di secolarizzazione che hanno corroso fedi molto meglio organizzate e adattate. Non prospereranno, a meno che il mondo moderno stesso non collassi.[5]

La tremenda condiscendenza di questo passo si accompagna alla totale mancanza di qualsiasi ricerca che lo sostenga; è un chiaro esempio di come, persino alla fine degli anni ‘80 del Novecento, accademici di primo piano potessero fare dichiarazioni disinvolte basate su un plateale pregiudizio, se confrontate con il fenomeno della stregoneria moderna.

È stata esattamente questa combinazione di ignoranza e disprezzo che Tanya Luhrmann ha cercato di fermare, e a cui il suo libro nel 1989 ha in effetti ampiamente posto fine, al meno tra gli specialisti di studi religiosi. Essa ha dimostrato che le streghe e i maghi cerimoniali dell’Inghilterra moderna non erano reazionari che disprezzavano la cultura scientifica nel suo insieme; al contrario, molti di loro avevano lavori nell’avanguardia scientifica, come la tecnologia dei computer. Ha spiegato, inoltre, come la magia cerimoniale operava a suo modo su principi scientifici e tecnologici, e come le sue pratiche potessero “affrontare direttamente importanti questioni psicologiche”, mostrando una strategia di ambivalenza di verità religiosa del tipo che si trova tra i teologi cristiani moderni. Come detto in precedenza, comunque, ha ipotizzato anche l’implicazione di un elemento di auto-inganno nel modo in cui i maghi cerimoniali moderni, incluse le streghe, persuadevano se stessi dell’efficacia letterale dei loro incantesimi e delle loro invocazioni[6]. Quest’ultimo aspetto del suo lavoro è stato criticato da Amy Simes, nella tesi sul paganesimo nelle Midlands nord-orientali, con l’osservazione che lo standard di verifica usato per le streghe pagane fosse personale e soggettivo, mancando di quell’oggettività esterna che la Luhrmann sembrava aver dato per scontato di applicare. La Simes ha aggiunto l’ipotesi che i maghi pagani stessero cercando un significato metaforico persuasivo per le loro azioni, e che il risultato di quelle azioni fosse in genere meno importante delle azioni in se stesse, che potevano essere simbolicamente valide e terapeuticamente efficaci tanto quanto la Luhrmann aveva indicato.[7]

I punti seguenti che esponiamo qui possono ampliare le osservazioni fatte da queste due autrici. Il primo è che, come mostrato in precedenza, la magia cerimoniale moderna è essa stessa il risultato di un’epoca imbevuta di nozioni di evoluzione, progresso, e scoperte scientifiche consecutive. Si è evoluta in modo da tener conto degli sviluppi del pensiero scientifico e in particolare delle teorie del caos e dei quanti, che ritraggono entrambe un universo che, sotto alcuni aspetti, funziona più come quello dei maghi cerimoniali che non come quello di tipo meccanicistico, presupposto dagli scienziati tra il diciottesimo e la metà del ventesimo secolo. Ho incontrato molte streghe pagane di gran lunga meglio informate della persona media di istruzione elevata sulla speculazione scientifica recente, e che se ne servono per difendere le loro pratiche. Il secondo punto, suggerito dalle mie conversazioni con le streghe, è che il loro atteggiamento verso la magia operativa è davvero molto complesso. Tutte quelle con cui ho parlato hanno esposto la questione sollevata da Tanya Luhrmann e rinforzata da Amy Simes, della terapia coinvolta nell’azione di eseguire il rituale, che generalmente è percepita come valida in se stessa. Se si intende come beneficiario la persona o le persone che compiono il rito o lanciano l’incantesimo, allora esso fornisce un’opportunità di confronto, e di risoluzione dei problemi ed elaborazione di scelte. Se l’azione è richiesta da qualcuno al di fuori del gruppo, o diverso dalla strega che la esegue, allora sapere che la magia è apparentemente eseguita per aiutare altri può essere d’immensa rassicurazione e sostegno. Tutte, perciò, riconoscevano l’importanza del lavoro magico come terapia, placebo, e assistenza morale.

Tutte, comunque, hanno anche insistito con me che la magia operativa fosse qualcosa di letteralmente efficace, e qui è necessario prendere in considerazione il quadro fatto dalla Luhrmann del processo con cui i maghi tendono a ricordare gli apparenti successi e liquidare gli apparenti fallimenti, così da edificare la fede nelle loro azioni. Ho fatto quest’osservazione io stesso e vorrei collocarla nel seguente contesto. Per la maggior parte delle streghe con cui ho parlato il lavoro magico è un’arte imperfetta, imprevedibile, e per questo si presuppone una percentuale di fallimento. È pienamente coerente quindi che ricordino e apprezzino quelle occasioni in cui sembra abbiano conseguito un successo spettacolare. Tutte concordano che alla magia bisognerebbe ricorrere o come azione di sostegno per la risoluzione pratica dei problemi o quando tutte le apparenti misure pratiche hanno fallito. A me sembra, inoltre, che le loro operazioni spesso si dividano in due categorie. Una riguarda i lavori magici intrapresi su richiesta per altri, che sono trattati come formalità o punti d’onore. In questi non è impiegato un grande investimento emotivo, e il risultato dell’operazione non è materia di grande interesse o memoria. L’altra riguarda quei lavori in cui l’operatore ha un interesse personale e investe forti emozioni. Questi sono intrapresi raramente se sembrano andare contro il corso naturale degli eventi o essere basati su aspettative irragionevoli. Si svolgono più comunemente, e con maggior fervore, quando un processo naturale che avrebbe dovuto compiersi sembra misteriosamente bloccato, o se le probabilità di risultati desiderabili e indesiderabili di un processo sembrano equamente bilanciate. Questo modello è apparso molto chiaramente nelle cinque congreghe che ho osservato con stabilità per lunghi periodi, e la percentuale di successo apparente di questa categoria di operazioni è in effetti molto alta. Uno scettico potrebbe plausibilmente contestare che ciò riflette le ragionevoli condizioni di aspettativa di una riuscita felice con cui il lavoro è intrapreso; ma questo è impossibile da dimostrare tanto quanto l’efficacia letterale della magia.

Due ulteriori osservazioni possono essere importanti. Una è che tutte le streghe pagane con cui ho parlato considerano la maledizione un’attività non solo semplicemente aberrante dal punto di vista etico, ma veramente pericolosa. Questo è ciò che viene espresso formalmente nella tanto citata “legge del tre”: che ogni lavoro magico rimbalza sull’operatore con la forza – benevola o malevola – con cui è stato lanciato triplicata. In pratica, poche delle streghe che sono state mie compagne di conversazione accettavano questo principio in senso pieno, letterale, ma tutte avevano un sentore comunque forte, sebbene meno preciso, che un atto magico diretto con intento cattivo comportasse un certo tipo di punizione psichica per la persona che lo eseguiva, sufficiente a renderlo un’operazione inaccettabile, se non nelle più terribili condizioni estreme di autodifesa. L’altra osservazione è che per ogni praticante che ho incontrato che razionalizzasse l’operazione magica in termini di fisica quantistica, matematica del caos o teoria delle particelle elettroniche, ne ho incontrati molti di più che non avevano la minima idea del perché i loro incantesimi e lavori rituali sembrassero funzionare, ed erano lieti di lasciare il dibattito aperto. Uno di loro ha riassunto la questione per me così: “Il primo stadio è quando credi completamente nella magia. Il secondo è quando ti rendi conto che è un mucchio completo di sciocchezze. Il terzo è quando ti rendi conto che è un mucchio completo sciocchezze; ma che in qualche modo sembra anche funzionare”.[8]

La terza principale caratteristica che personalmente attribuirei alla stregoneria pagana è che è una religione misterica, o un insieme di religioni misteriche. Questo è stato già evidenziato da Margot Adler, che ha definito come caratteristiche di tali religioni l’interesse nei processi di crescita e rigenerazione, il modo in cui i devoti sono sottoposti a esperienze di morte e rinascita, e affrontano le questioni dell’origine della vita e del posto dell’uomo nel cosmo. Quest’interesse è centrale anche nella visione della Wicca di Vivianne Crowley.[9] Vorrei sottoscriverla e richiamare anche l’attenzione sugli aspetti strutturali di tale identificazione. La stregoneria pagana moderna non ha luoghi o atti di culto (pubblico). È quasi completamente riservata a gruppi chiusi o individui solitari, che operano un processo di addestramento e iniziazione, solitamente di durata considerevole. Molta della sua gioia ed efficacia risiede nell’immagine che dà di se stessa come religione dei segreti, associata alla notte, ai luoghi selvaggi e nascosti. È noto che di solito richieda notevole dedizione e duro lavoro, e non sia adatta ai deboli di cuore, i pigri e i superficiali. Di conseguenza è altamente selettiva ed esclusiva, ed è tenuta ad occuparsi solo di coloro che cercano il suo aiuto. Sebbene molti suoi membri credano che abbia un’implicazione benefica per la società, o finanche per il pianeta, tuttavia non pensano che la maggioranza delle persone dovrebbero o potrebbero praticarla. Istintivamente presuppongono anche l’esistenza di altre religioni, che soddisfano altri bisogni o altri tipi di personalità.

La quarta caratteristica principale della stregoneria pagana moderna consiste nel suo essenziale affidamento alla rappresentazione creativa del rituale. I soli testi sacri sono i libri dei rituali, che molti praticanti considerano come punto di partenza per sviluppare le loro pratiche. Le sole parole sacre sono quelle usate per invocare o evocare il divino, e solitamente si dedica notevole tempo e impegno alla preparazione del luogo di ciascun lavoro. Sebbene le streghe abbiano spesso dei luoghi preferiti in cui lavorare – stanze speciali riservate nelle loro case, comunemente chiamate “templi”, o ambienti rurali affascinanti e solitari – essi non vengono mai virtualmente usati finché il santuario invisibile del cerchio sacro non sia stato eretto. Questo a sua volta è accuratamente rimosso alla fine del rito. A differenza di altre varietà di pagani moderni, le streghe non hanno alcun attaccamento speciale o fisso per i monumenti cerimoniali di epoche precedenti, come i cerchi di pietre preistorici, sebbene spesso ne riconoscano la sacralità e ci lavorino, avendone la possibilità. L’azione sacra è di necessità cruciale per loro affinché un luogo sia sacro, e funziona come un canale o un veicolo attraverso cui gli esseri umani possono conseguire un’esperienza personale e diretta del divino. Se la tradizione giudaico-cristiana si fonda sull’affermazione “così è come dovresti sentire del divino”, la stregoneria pagana moderna dice “così è come senti il divino; ora trova cosa significa per te, se lo desideri”. Non per nulla, il tentativo più ambizioso di esaminare le sue strutture di pensiero fino a questo momento, il libro di Frederic Lamond, è intitolato Religione senza fede. Se l’atto che dava forma al paganesimo antico era la propiziazione, il processo con cui si compiacevano e placavano le forze sovraumane, l’azione equivalente del paganesimo moderno è la consacrazione, il trattare le persone, i luoghi, e gli oggetti in modo da farli apparire spiritualmente più potenti, efficaci e significativi.

L’atteggiamento della stregoneria pagana verso il rituale comprende qualcosa di molto antico e molto moderno al tempo stesso. Alcuni dei pionieri della sociologia della religione hanno dato importanza primaria al rituale in tutto il comportamento religioso umano. Robertson Smith dichiarò che nella religione era fondamentale la pratica e non la teoria, che la maggior parte delle persone era interessata all’osservanza e non alla dottrina, e che per uno studioso le modalità di culto sono più significative della fede dichiarata. R. R. Marett concordava che il rituale fosse essenziale e la fede secondaria, e che la chiave della celebrazione religiosa fosse l’emozione piuttosto che la ragione: “la religione selvaggia non è tanto qualcosa che si esprime col pensiero, ma con la danza”. Max Weber suggeriva che le religioni tradizionali consistono di una moltitudine sciolta di divinità, e un insieme di atti e immagini che si applicano in maniera indipendente, segmentale e immediata quasi a ogni tipo di evento. Mancano di astrazione, coerenza logica, e formulazioni generali, ma affrontano i problemi creativamente, specificamente e opportunisticamente.[10] Queste teorie sono certamente frutto di studi sui paganesimi europei antichi, che denotavano un forte primato del rituale e dell’esperienza diretta del divino, e una minor importanza delle strutture concettuali e dottrinali.[11] In questo senso le streghe pagane stanno semplicemente ritornando alle basi, ma con una particolare applicazione moderna per quanto riguarda la realizzazione e lo sviluppo personale. L’enfasi sull’individualità, l’auto-scoperta, e il pluralismo è caratteristica di alcuni aspetti del pensiero occidentale del tardo ventesimo secolo. La contro-cultura di quel periodo in particolare dava priorità a “l’esperienza, la creatività, la comunicazione simbolica, e l’apertura verso il trascendentale che danno luogo a una trasformazione di coscienza”.[12] Tutto ciò è vero per la stregoneria pagana moderna.

La quinta e ultima delle caratteristiche di questa stregoneria, di cui si è detto sopra, è che è eclettica e versatile; prende idee da molte fonti e le applica in molti modi – spesso alterandole. Anche questo è tipico del periodo, come già evidenziato in forma estrema nel caso della “Cosmologia della California”. Immagini, testi e concetti sono presi dalle culture dell’antica Grecia, Egitto, Roma, Mesopotamia, Irlanda, e Galles, dagli Anglo-Sassoni e dai Vichinghi, e dal folklore delle Isole Britanniche, le strutture dei monumenti preistorici, l’Induismo, il Buddismo, il Taoismo, il Romanticismo celtico del diciottesimo e diciannovesimo secolo, i Nativi Americani, il movimento dei misteri della terra moderno, e il femminismo radicale americano. Le tecniche d’innalzamento dell’energia possono includere la danza, le percussioni, il cantilenare, la flagellazione, il canto, mentre la magia operativa può prendere la forma di meditazione, visualizzazione, danza a spirale, dramma sacro, proiezione astrale, e un gran numero di diverse operazioni di incantesimi. Il rituale è spesso usato come mezzo di comunicazione – tra i membri della congrega o tra gli esseri umani e il divino – e altrettanto spesso come mezzo per risolvere o cambiare delle situazioni, ed entrambi gli utilizzi hanno luogo regolarmente nella stessa celebrazione. È usato sia per trasformare che per confermare, per sfidare e per rinforzare, per rinsaldare un gruppo e per ottenere effetti esterni pratici – per tutti gli scopi, in effetti, per cui i sociologi della religione ritengono che si compiano i rituali.[13]

La struttura base della stregoneria pagana moderna può perciò contenere un ricco caleidoscopio di prestiti culturali provenienti da tutto il globo, modellati secondo i gusti della persona o del gruppo che lavora. Ciononostante la struttura resta forte, e i modelli comuni di attività ben evidenti. Questo è dovuto in gran parte all’esistenza del Libro delle Ombre, ma anche al potere e l’utilità intrinseci delle strutture di base: il duoteismo della coppia divina (a volte ridotto alla sola dea), il cerchio sacro con i suoi punti cardinali, la benedizione e la condivisione di cibo e bevande, la personificazione degli esseri divini da parte dei celebranti, il lavoro rituale di guarigione e consacrazione, un sistema di addestramento e iniziazione (di solito attraverso tre gradi), e l’osservanza di celebrazioni alla luna piena e alle otto festività stagionali maggiori.

Ci sono altri aspetti della stregoneria pagana moderna che, sebbene molto meno importanti di questi cinque, e non universalmente condivisi dai praticanti, sono comunque abbastanza evidenti e insoliti per le religioni di qualsiasi epoca, da richiedere qualche commento. Uno è la tradizione, strettamente osservata dalla maggior parte delle congreghe, di alternare riverenza e allegria nel cerchio, in modo da bilanciare la solennità di alcuni riti con altri destinati a suscitare gioia e allegrezza: una consacrazione del gioco. Tanya Luhrmann ha descritto le streghe come “forse le uniche operatrici di magica che includono l’umorismo nelle loro pratiche”, e ha citato un gran sacerdote che diceva che tutti i suoi compagni di religione avevano un po’ della “capra e della gazzella”.[14] Il secondo aspetto è la famosa tradizione della nudità rituale, ancora molto comune tra i wiccan. I loro autori ne hanno dato una serie di giustificazioni mistiche, la più comune delle quali è che aiuti a proiettare il potere magico fuori dal corpo.[15] Senza necessariamente screditare nessuna di queste giustificazioni, suggerirei per mia personale conoscenza delle streghe che ci sono due ragioni pratiche alla sua persistenza. Una è che richiede un alto grado di fiducia e confidenza tra i membri di una congrega, e quindi costituisce un valido test per l’esistenza di armonia e unità, senza le quali i rituali non potrebbero svolgersi in maniera efficace. La seconda è che, in combinazione con altre componenti normalmente presenti, come la luce delle candele, l’incenso e la musica, trasmette in maniera forte il senso che sta accadendo qualcosa fuori dal normale; i partecipanti a un cerchio hanno gettato via i loro sé quotidiani e i loro limiti, e sono entrati in uno spazio in cui lo straordinario può realizzarsi. Se l’esperienza suscita un certo nervosismo – come avviene inizialmente al meno per la maggior parte delle persone – questo aumenta la sensibilità e la ricettività verso ciò che sta accadendo. Ideologicamente fa parte dello schema secondo cui la stregoneria moderna sfida molte delle paure e inverte le polarità della cultura occidentale tradizionale. Questo, naturalmente, è il motivo per cui, sebbene la nudità sia molto rara nella storia della religione, è un tema universalmente importante in quella della magia.

da Ronald Hutton, The Triumph of the Moon, Oxford University Press 1999, pp. 390-399 trad. Rossella di Vaio

 


[1] Questo modello è esaminato da A. C. Bouquet, Comparative Religion (London: Cassel, 1961), pp. 11-12.

[2] Tanya Luhrmann, Persuasions of the Witch’s Craft, (Oxford: Blackwell, 1989), p. 336.

[3] Alex Owen, The Darkened Room: Women, Power and Spiritualism (London: Virago, 1989), pp. 93-94.

[4] Bryan Wilson, Religion in Sociological Perspective (Oxford: Oxford University Press, 1982), p. 27. Clifford Geertz, The Interpretation of Cultures: Selected Essays (1973: HarperCollins, rist. 1993), p. 104.

[5] Rodney Stark e William Sims Bainbridge, The Future of Religion, (Berkley, CA: University of California Press, 1985) pp. 455-456.

[6] Luhrmann, Persuasions of the Witch’s Craft, sp. p. 321-341; cit. p. 340.

[7] Amy Caroline Simes, “Contemporary Paganism in the East Midlands” (Nottingham University, tesi di dottorato, 1995), pp. 511-522.

[8] Rob Hardy, comm. pers., 31 ottobre 1992.

[9] Margot Adler, Drawing Down The Moon (Boston, MA: Beacon, 2a ed., 1986), p. 441; Vivianne Crowley, Wicca: The Old Religion in the New Age (London: Aquarian, 1989), passim.

[10] W. Robertson Smith, Lectures on the Religion of the Semites (Edimburgo, 1889), passim; R. R. Marett, The Threshold of Religion (1914), passim; citazione a p. xxxi; Max Weber, The Religion of China (trad. Glencoe, II, 1958), 226-49.

[11] Herbert Jennings Rose, Ancient Roman Religion (London: Hutchinson, 1948); Martin Henig, Religion in Roman Britain (London: Batsford, 1984); Robin Lane Fox, Pagans and Christians (London: Vikings, 1986); Ken Dowden, The Uses of Greek Mythology (London: Routledge, 1992).

[12] Robert A. Evans, Belief and the Counter-Culture (Philadelphia: Westminster Press, 1971), 23.

[13] Cf. Simes, “Contemporary Paganism”, pp. 186-201; Gilbert Lewis, Day of Shining Red(Cambridge: Cambridge University Press, 1980); Victor Turner, The Forest of Symbols (Ithaca, NY: Cornell University Press, 1967) e The Ritual Process (Chicago, Aldine, 1969); Bruce Lincoln,Discourse and the Construction of Society (Oxford: Oxford University Press, 1989), pp. 51-55; Emily Durkheim, The Elementary Forms of the Religious Life (1874, trad. Allen e Smith, 1915), pp. 387-419.

[14] Luhrmann, Persuasions of the Witch’s Craft, p. 54.

[15] Gerald Gardner, Witchcraft Today (London: Rider, 1954), pp. 19-24; Justine Glass, The Sixth Sense – And Us (London: Spearman, 1965), p. 101; Patricia e Arnold Crowther, The Witches Speak (Douglas: Athol, 1965), p.148; Doreen Valiente, Witchcraft for Tomorrow(London: Hale, 1978), pp. 90-99; Starhawk, The Spiral Dance (San Francisco, CA: Harper and Row, 1979), p. 60; Janet and Stewart Farrar, The Life and Times of a Modern Witch (London: Piatkus, 1987), pp.85-92; Vivianne Crowley, Wicca: The Old Religion in the New Age (Londra: Aquarius, 1989), pp. 56-60.